La leggibilità del reale

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Negli ultimi tempi, eventi salienti e particolarmente intensi della mia vita mi hanno portata a chiedermi ‘quali sono gli occhi del reale?’
Viviamo in un momento storico nel quale i sistemi di comunicazione (sia ben inteso che non ne discuto il valore e l’importanza come mezzo di diffusione di conoscenza) sembrano penalizzare l’incontro reale, il contatto, la parola arricchita dalle emozioni, dai brividi a fior di pelle per una carezza, da quella scossa elettrica che può salire quando un denso bacio si posa sul collo mentre la bocca sussurra ‘ti ho pensata molto oggi’ e ogni cellula del corpo sente che, caspita, è davvero così.
La relazione umana sta perdendo la sua totalità in un’infinita serie di messaggi, spesso fraintesi. Il semplice è diventato complesso: nella corsa quotidiana, la mancanza di tempo ci porta a perderne ancora di più.
Nascono relazioni virtuali, amicizie virtuali che lasciano sempre un vuoto e questo vuoto parla di assenza di riscontro reale. Senza entrare nel merito dei ‘vuoti’ ai quali ciascuno di noi è chiamato a rispondere, mi sento di affermare che ogni volta che alimentiamo dinamiche virtuali di relazione perdiamo il contatto con la realtà.
Un giorno un insegnante ad un corso di formazione ha detto ‘il reale è misurabile’ e mi sento di dire che tutte le volte in cui possiamo ‘misurare’ siamo presenti alla realtà e permettiamo al senso profondo delle cose di manifestarsi. Nella comunicazione ‘virtuale’ emettiamo enunciati non misurabili e questo impedisce al piano di coscienza di manifestarsi nel suo disegno più ampio del semplice ‘fatto’ umano.
Dobbiamo smettere di guardare la realtà con gli occhi della materia cominciando a spostare la nostra attenzione al fatto che la materia ha in sé un’informazione di luce che la rende tale e ne determina la sua funzionalità sul nostro piano di esistenza. La materia stessa, alla quale ci aggrappiamo, per la quale facciamo le guerre, per la quale ci uccidiamo gli uni con gli altri, non è altro che il manifestato di un manifestante ben più ampio di quello che possiamo immaginare ed è proprio quel manifestante –linguaggio supremo- che dobbiamo allenarci a contattare.
Jean Philippe Brebion chiama questo linguaggio supremo ‘Legge del Principio’ e ci fornisce la possibilità di leggere le situazioni della vita in maniera non duale cioè funzionale al piano di coscienza:

leggibilita-del-reale-approfondimenti ‘Il principio di un avvenimento è dunque la sua struttura, al di fuori di tutta la carica emozionale: impietosamente giusto, non ha valore né positivo né negativo. L’avvenimento trova il suo posto in noi , quando si estrae il Principio: si passa dall’emozionale all’affettivo […] Per diventare artefice della propria vita si tratta di integrare e di concretizzare questo Principio1'
Spesso ci poniamo quesiti molto profondi, complessi e non riusciamo a trovare risposta dentro di noi, così ci rivolgiamo a cartomanti, psicologi, guru di ogni genere ma se impariamo a guardare la realtà con occhi diversi, decodificando questo Principio, chiedendoci di cosa ci parlano gli eventi, allora riduciamo in maniera esponenziale il numero di volte in cui ci sentiamo persi nei nostri dubbi o risucchiati dagli avvenimenti.
Per ritornare a whatsapp e dintorni -dove investiamo molta energia in catene, immagini, aforismi e messaggi di ipotetici principi azzurri che dichiarano rose rosse senza mai portarcene una, tra infinite ambiguità, senza nemmeno sapere qual è il nostro colore preferito,  se ci piace la pizza o se ci commuoviamo davanti a un film – direi che è arrivato il momento di misurarci col reale, senza ambiguità, con coerenza e responsabilità.

A proposito della non ambiguità, in un libretto dal titolo ‘Tra menzogna e ironia’, Umberto Eco dice:
Massima del modo: ‘Evita ambiguità’ Massima della relazione: ‘Sii pertinente’ Ecco un dialogo che, in successione, le viola entrambe:
‘Le da fastidio il fumo?’ domandò Carlo Alberto alla signora pronto a parare uno schiaffo.
‘No fumi pure ’
‘Grazie non fumo ’
‘E perché me lo domanda?’
‘Alludevo al fumo del treno ’
Dopo una pausa, Carlo Alberto domandò di nuovo:
‘Le dà fastidio il fumo?’
‘Quale?’
‘Quello della sigaretta’
‘No, fumi pure ’
‘Le ho detto che non fumo ’
‘E allora perché me lo domanda?’
‘Per curiosità’

Questo tipo di dinamica comunicativa è di casa nei nostri cellulari, peccato che dietro ad essi ci siamo NOI, con le nostre emozioni e i nostri vissuti, Noi, potenziali esseri di Luce in questo frullatore che è il reale MISURABILE.
Ora, partendo dalla ‘misurabilità’ del reale e considerando quanto ho appena affermato rispetto al fatto che il reale ci parla di un manifestante-direttore d’orchestra-linguaggio supremo, potremmo chiederci qual è la ricetta per fare una torta i cui ingredienti di non ambiguità e pertinenza siano ben amalgamati e ci permettano di decodificare un qualsivoglia messaggio. In altre parole, come possiamo vivere la relazione attraverso una comunicazione totale, pur rispettando le attuali necessità di utilizzo degli strumenti tecnologici, in virtù della Legge del Principio?
La risposta che io mi sono data è quella di riuscire a percepire una sorta di coerenza interna al messaggio stesso e questa coerenza è data dalla misurabilità dell’enunciato nel reale. Per essere sintetica: abbiamo bisogno di accordare azioni e fatti concreti ai nostri enunciati e questo implica assunzione di RESPONSABILITA’
Su questo tema, potrei citare innumerevoli fonti ‘olistiche’ che ho incontrato nel mio cammino di ricerca nelle profondità dell’essere (in special modo del ‘mio’ essere) ma le parole che più mi risuonano sono quelle usate da Louis HJelmselv2 per descrivere la teoria linguistica ne ‘I Fondamenti della Teoria del Linguaggio’:
‘Una teoria raggiungerà il massimo della semplicità se si baserà solo su premesse che siano necessarie rispetto al suo proprio oggetto. Inoltre, per essere adeguata al suo scopo una teoria deve produrre, in ogni sua applicazione, risultati che siano in accordo con i cosiddetti dati empirici (reali o presunti). […] La descrizione deve essere libera da contraddizioni (coerente) esauriente e semplice quanto più si possa. L’esigenza dell’assenza di contraddizioni ha precedenza su quella della descrizione esauriente. L’esigenza della descrizione esauriente ha precedenza su quella della semplicità. Suggeriamo di chiamare empirico questo principio.’

Teoria Linguistica a parte, attraverso questa descrizione possiamo ‘leggere’ non solo le dinamiche relazionali ma tutti gli eventi e situazioni della vita nei quali siamo chiamati a scegliere.
Nella citazione leggiamo ‘premesse necessarie al suo proprio oggetto’ cioè, quando siamo difronte ad un messaggio ambiguo, ad un evento o incontro dei quali vogliamo comprendere il senso, dobbiamo attenerci ai dati empirici reali e questo può essere molto difficile talvolta.
Quando, ad esempio,  un nostro interlocutore emette l’enunciato ‘mi piacerebbe andare ad una mostra d’arte con te’ all’interno di un messaggio e il messaggio non è accompagnato da una verbalizzazione del tipo ‘quando, dove, come’ che presuppone un’azione concreta, l’enunciato cade nel vuoto dell’incoerenza. Per cui, possiamo leggere la realtà attraverso tre requisiti fondamentali: l’evento\messaggio\incontro è libero da contraddizioni, esauriente (nel senso che lascia inspiegato il minor numero di elementi) e semplice (nel senso di non complesso)? Quando il manifestato risponde a questi tre elementi con pienezza allora tutto fluisce e non c’è nessuna ambiguità, nessun vuoto perché tutto aderisce ad un piano superiore di coerenza cellulare rispondendo all’unisono alla manifestazione reale e al piano di coscienza.
Dobbiamo imparare ad osservare, senza centrifughe emozionali, e ad attenerci ai fatti reali e concreti e questo ci facilita il passaggio alla percezione pura dove tutto è chiaro a priori.
Piuttosto che spennare margherite nel m’ama o non m’ama, possiamo lasciare che il velo di maya cada per lasciare il posto all’osservazione dei tre parametri elaborati da Hjelmselv: coerenza, esaustività e semplicità. In questa triade tutto fluisce e ci riappropriamo del reale e forse di qualche temeraria serenata cantata sotto al balcone, non per amore romantico ma per assunzione di responsabilità.
A questo segue un’altra grande conquista che noi esseri umani, in un cammino di crescita evolutiva, siamo chiamati a fare: lasciar andare. A questo proposito cito un passo tratto da ‘Gli Ordini del Successo di Bert Hellinger: ‘Lasciare significa: lasciare che per un po’ le cose seguano il loro corso, che si muovano liberamente senza il nostro intervento, finché la direzione del loro movimento non si mostri spontaneamente. Se rinunciamo a tentare di guidare le cose e quelle, muovendosi, si allontanano da noi, lasciamole andare. Molliamo la presa. Se le lasciamo andare per la loro strada, ci rendiamo liberi per qualcos’altro.’
Senza accanimento, con responsabilità, nella coerenza-esaustività-semplicità aiutiamo la luce a fluire in questo piano dell’essere: buon cammino a tutti noi!

Silvia Bonamin
Operatrice Olistica accreditata SIAF, Riflessologa Plantare, Moon Mother riconosciuta da Miranda Gray.  Porta avanti da anni il suo percorso nella ricerca del Femminile Sacro, organizza Cerchi di Donne.
Per ulteriori informazioni: info@lunainpesci.it
Per info relativamente ai corsi organizzati presso il Macrocosmo: redazione1@ilmacrocosmo.it

Note Bibliografiche:

- Louis Hjelmslev, I Fondamenti della Teoria del Linguaggio, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino 1968
- Jean Philippe Brebion, L'Evidenza: La legge del Principio, Edizioni Bioanalogie International INC.
1 L’EVIDENZA: la certezza assoluta che ogni cosa ha un senso, Jean Philippe Brebion, edizioni BIOANALOGIE INTERNATIONAL INC
2 Uno dei maggiori linguisti contemporanei, nato a Copenhagen  il 3 ottobre 1899.

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